lunedì 25 gennaio 2016

Piano nono - Malmö

So che non è la più logica delle soluzioni, ma riprendo a narrarvi le mie esperienze partendo dalla fine perché, come si suol dire, ce le ho fresche. In particolare vi intendo parlare di quando, venerdì scorso, sono emigrato in Svezia, alla volta di Malmö. E non uso il termine 'emigrare' a caso, bensì perché a causa delle beghe politiche che recentemente si sono verificate sul tema dell'immigrazione, la Svezia ora è particolarmente attenta al traffico di persone attraverso i propri confini ed io stesso sono stato interessato da questa svolta storica. In realtà il gran parlare rispetto ai controlli a cui ogni immigrante va incontro recandosi in Svezia s'è tradotto nel mio caso in un semplice controllo (con fotografia annessa) della mia carta d'identità alla partenza dalla Danimarca e all'arrivo in Svezia, per un totale di dieci minuti persi alla prima stazione in territorio svedese; chiaramente questo tempo dipende dal numero di persone da controllare. Ad ogni modo il succo della questione è: se andate in Svezia portatevi la carta d'identità e state sereni che vi lasciano ancora entrare. Tuttavia, sentendo l'esperienza di un mio caro amico, pare che se veniate dall'Africa o siate un po' più abbronzati o se gli state antipatici o non so per quale altra ragione, potreste essere sottoposti ad una speciale intervista.
Raggiungere Malmo da Copenhagen è molto semplice, se partite dall’aeroporto di CPH quasi più facile di andare a Copenhagen centro. Senza che usciate dall’aeroporto infatti, un treno vi porterà direttamente alla stazione centrale di Malmo in una mezzoretta. Il tutto grazie al mitico ponte di Oresund, che per la Danimarca è una galleria sotterranea in realtà e per la Svezia è un ponte vero e proprio. Scherzi a parte la configurazione di questa infrastruttura è piuttosto curiosa, ma se sperate di poterla apprezzare viaggiandoci in treno vi sbagliate di grosso: va beh la galleria è una galleria, per cui a parte il buio non si vede nulla, e il binario fuori terra corre sotto l’autostrada. Insomma, niente vedute alla Golden Gate bridge per capirsi. Il viaggio di andata e ritorno nella stessa giornata costa 175 DKK, più o meno 23,50 euro, tutto sommato neanche male per questi 60 km (30+30) sul mare fra uno stato e l’altro.


Giacchè mi apprestavo ad emigrare in solitaria, non volendo fare la fine di quel fantomatico turista di cui ogni tanto ritorna la storia, che va all’estero, si perde e torna a casa vecchio e malandato dopo vent’anni (esempio: http://www.gazzetta.it/Calcio/03-11-2015/ando-bagno-san-siro-poi-si-perse-11-anni-il-tifoso-torna-svizzera-130765711839.shtml), il giorno precedente alla partenza io e Google Maps ci siamo messi a un tavolo e abbiamo pianificato una strategia. Strategia efficacemente memorizzata e stupefacentemente riproposta una volta raggiunta la meta.
La prima tappa è stata il nuovo quartiere residenziale a nord ovest della città, creato a partire da una vecchia zona industriale o qualcosa di simile. Al di là delle vicende urbanistiche, questa è la parte più moderna di Malmö, dove si trova il celebre Turning Torso del grande irreprensibile Calatrava - non sapevo facesse anche l’architetto. Questo grattacielo è sicuramente il simbolo della città (anche perché che tu lo voglia o meno lo vedi da tutti gli angoli), ma se ad una prima occhiata credo sia inevitabile dire “che figaaaata!”, ad un’analisi più attenta ho avuto la solita impressione che spesso si ha con le Archistar e cioè che facciano un po’ a gara a chi fa la cosa più strana senza tante altre preoccupazioni. In questo caso credo ci è sicuramente riuscito, anche se poi ci va vicino e scopri che i pannelli di facciata hanno le stesse righe nere che scendono dalle finestre che ha qualsiasi altro edificio. Tuttava, per chiudere questa pseudo-valutazione architettonica di cui probabilmente non ve ne fregherà uno stra-Torso, dico che io non sarei stato lontanamente capace di farla, e che è più sì che no, in fondo.


Tutt’intorno il quartiere è interessante, con delle case diciamo così ‘alternative’ ed un sistema di gestione della “spiaggia” particolarmente invitante – diciamo che se ci fosse una bella giornata non hai problemi per capire dove ti potresti recare per una passeggiata o a prendere il Sole. Ah c’è da dire che in questa parte della città ero praticamente da solo a passeggiare in fianco al mare, con un Sole raramente visto così in cinque mesi ed in mezzo alla neve: il gradimento generale è stato sicuramente influenzato da questo.


La seconda tappa è stata invece il castello di Malmö e l’annesso giardino. Pollice in alto per il giardino (laghetti, ponticelli, giardini: niente da dire), pollice in basso per il castello. C’è da dire che qui in Scandinavia da quello che ho potuto capire hanno una concezione diversa di castello; qui il castello è la residenza del Re/Signore del luogo, fatto per mostrare tutta la sua magnificenza alla povera gente, non vi aspettate quindi di vedere le feritoie, i camminamenti di ronda, i pentoloni d’olio bollente e le sale delle torture che siamo abituati a vedere dalle nostre parti. Nel caso del castello di Malmö però, tutta questa magnificenza non c’è, ed anzi c’è un addizione più recente che toglie sacralità al resto del complesso.
Al limite sud del giardino retrostante il castello si trova la biblioteca della città, anche questa, come quella di Copenaghen, costituita da una parte antica e da un parte di più recente costruzione. Qui c’è da dire che sono rimasto piacevolmente stupito, il classico posto che i fa venire voglia di studiare, o quantomeno di leggere, poi può entrare liberamente, prenderti un libro liberamente, stravaccarti su una poltrona liberamente, usare la toilette liberamente, tutto molto bello.


Mi sono poi diretto nel profondo sud della città, alla volta dello stadio di Malmö, non tanto perché fosse degno di particolare nota, ma perché ero deciso a concedermi il mio tradizionale souvenir. Souvenir che mi sono effettivamente concesso nonostante, considerando i prezzi, sembrava di essere al Santiago Bernabeu piuttosto che allo Swedbank Stadion. Nella strada verso lo stadio ho potuto apprezzare un altro giardino, anche questo condito con tanto di panchine, teatro, palestra all’aria aperta e tutto quello che si può inventarsi per convincere la gente a frequentarlo (lago ghiacciato su cui ho camminato vincendo una mia atavica fobia compreso).
Dopo la stadio, sono risalito verso la stazione attraversando il vero e proprio centro storico della città. La passeggiata è stata molto gradevole, senza traffico e con il sentore di trovarsi in un luogo che avesse effettivamente una propria storia conservata nel corso dei secoli. Il cuore antico di Malmö è incluso in un’isola a cui si può accedere attraverso diversi ponti sui canali che la racchiudono. Non vi elenco le solite pietre miliari da visitare necessariamente, tanto le trovereste da soli, vi lascio qualche foto che forse è meglio. Ecco, c’è da dire che anche in questo caso in Chiese, nonostante tutto, vinciamo noi.



Ultima meta prima del rientro, il cosiddetto Malmö Live, un complesso di edifici di recentissima costruzione pensati per scopi culturali da quello che sono riuscito a capire (oltre ad un hotel, naturalmente, se no i riccardi che ci vengono dove li mettiamo?). Questi non ruotano su loro stessi, anzi sono piuttosto cubici, ma a starci vicino secondo me la sensazione è migliore, sarà perché sono rivestiti di ceramica e luccicano quando ci sbatte il Sole, non lo so, ma mi hanno lasciato una bella impressione.


Per chiudere il Tema “Racconta la tua gita”, consiglio a chi dovesse venire da queste parti di fare un giretto a Malmö e soprattutto non fate come me: andate a vedere dove è vissuto Ibra! I pellegrinaggi vengono sempre apprezzati dalle divinità…

La parola del giorno: tog = treno

mercoledì 20 gennaio 2016

Piano ottavo - My back is back

Mi vergogno un po', mi vergogno un po' di aver abbandonato quest'opera. Ma credetemi, l'ho fatto per una giusta causa, o perlomeno per una causa obbligatoria. Tuttavia, meglio tardi che mai, no?
Quindi eccomi, consegnata e discussa la tesi, quando mancano pochi giorni dal mio rientro in Italia, riprendo in mano la tastiera e torno a farmi sentire. Oggi lo faccio brevemente, più che altro per far capire a chi ancora affettuosamente decide di leggere questo blog che, nonostante gli stenti, egli sopravvive e cercherà di farlo anche nei prossimi mesi. Qualcosa mi dice che Sportmediaset è ancora più visitato di "In principio era... Laursen", ma ci arriveremo e senza usare le donne nude!
Nel frattempo, vi mostro la mia definizione di souvenir da qualche anno a questa parte:


me la sono (la sciarpa) regalata oggi in una gita al Telia Parken di Copenhagen (http://teliaparken.dk/ - sullo sfondo). Una nota: la neve qui è molto più probabile del Sole o del cielo.

venerdì 23 ottobre 2015

Piano settimo - Burocrazia

Cari che mi avete aspettato,

...sono entrato nel vortice! Neanche il tempo di rendermene conto ed é passato un mese dall'ultimo post. Vi assicuro che non é pigrizia, abbiamo cominciato a lavorare alacremente a questo pacco di fogli (pacco di file, per il momento) chiamato tesi e il tempo per il diletto si sta riducendo progressivamente. Tuttavia, nonostante gli impegni pressanti in ufficio - sí, sono stato preso anch'io da quella febbre che porta i tesisti a dire "vado in ufficio" non appena ne hanno occasione - si trova comunque modo di concedersi un caffé con gli amici, una birretta in compagnia o... UNA-CROCIERA-AD-OSLO!
Ma non é di questo che vi parlo oggi. Nossignori, oggi non vi parlo di gaudio, vi parlo di pena, di dolore, di pianto e stridore di denti... di burocrazia! Ve ne voglio parlare perché é utile, ma siccome per me questa vicenda é stata un parto, cerco di andare subito alla cronaca e di rendervi la questione piú leggera.
Un giorno arrivate in Danimarca e, se ci volete stare, dovete fare due cose: Residence Permit e CPR number. Ottimo. Nell'Introduction Week (la settimana di accoglienza organizzata dalla DTU per i nuovi iscritti, stranieri e non), siccome lo sanno quanto puó essere tricky la questione se affrontata da soli, fanno arrivare gli impiegati dei vari uffici di competenza per sfornare documenti come se piovesse. Naturalmente, se vuoi usufruirne, devi aver portato con te tutto il necessario: fotocopie della Carta d'Identitá, fototessere, fotocopia della tessera sanitaria, attestato di accettazione firmato DTU, selfie col medico che ti sta facendo tutte le vaccinazioni del caso e forse qualcos'altro.
Io arrivo in orario e con tutta la documentazione pronta all'appuntamento fissato nel programma dell'Introduction Week. Mi faccio la mia bella coda (no, non mi sono giá cresciuti cosí tanto i capelli) e arrivo dall'impiegata, che ancora credevo fosse umana. Questa mi dice che la mia lettera d'accettazione é troppo vecchia e devo andare a farmela convalidare all'ufficio Relazioni Internazionali. Eh, va beh, capita. Parto e vado verso l'ufficio, qualche minuto a piedi e ci sono. Mi faccio fare questo timbro e torno.
Mi rimetto in coda e torno a fronteggiare l'impiegata, che mi guarda con una faccia che sembra dire: "Ah, ancora sorridi? Ora ci penso io a farti incazzare...". Naturalmente anche stavolta non va bene, sul timbro non c'é la data. Cerco di farla ragionare, che sí, é vero, non c'é la data, ma la macchina del tempo ancora la devono inventare e se un quarto d'ora fa il timbro non c'era, vuol dire che me lo hanno fatto adesso, scrivi 'sta data e chiudiamola qui. Niente... si torna all'ufficio.
Sicuro di me stesso ri-ri-torno dall'impiegata, speranzoso che, forse stanca di vedermi, almeno mi conceda di non farmi rifare la coda per la terza volta. "Ah-ah-ah, certo, come no...", la sento pensare mentre le chiedo di farmela saltare con uno sguardo che é un misto di implorazione e di voglia di ribaltargli addosso il tavolo dell'IKEA su cui si sta occupando di pinzare fogli. Decido che non le daró la soddisfazione di rimettermi in fila per poi farmi rimbalzare di nuovo; vince lei comunque, ma aveva il coltello dalla parte del manico.
Riprovo nei gironi seguenti andando in un ufficio di Lyngby dove mi é stato detto che é possibile fare il CPR number, tanto é di strada, non mi costa nulla. Un inserviente mi risparmia (credevo) un po' di tempo, dicendomi che lí sí, posso fare il CPR number, ma devo prima avere il Residence Permit, per il quale é necessario recarsi nella vicina Copenhagen. Non resta altro da fare che prendersi una mattinata ed andare in questo ennesimo ufficio a CPH. E qui, succede l'incredibile: arrivo, dó le carte, aspetto dieci minuti ed ho finito. Liscio come l'olio.
Convinto di aver imboccato la strada giusta, pochi giorni dopo mi reco in quello stesso ufficio del mio paese dove avrei dovuto poter fare il CPR number (avete giá capito come va a finire...). Parlo con una nuova impiegata, gentilissima per caritá, ma che da qui in poi verrá chiamata Incompetenza (da non confondersi con la famosa Incontinentia: https://www.youtube.com/watch?v=hiPNnJP2byY). Mi dice che sono nell'ufficio sbagliato, perché quello é l'ufficio per quelli che abitano a Lyngby e per quanto sull'indirizzo del mio collegio ci sia scritto Lyngby, io non abito a Lyngby, ma a Gladsaxe, il comune vicino. Ho avuto qualche giorno per ricaricare il mio Pazienzometro, per cui, gentilmente, anche perché non era (ancora) colpa sua, mi faccio dare l'indirizzo del Municipio di Gladsaxe e chiedo se é ancora aperto, per sapere se ci posso andare subito. Incompetenza controlla su Internet e risponde affermativamente, senza vacillare. Allora inforco la mia bicicletta e mi sparo questi 4 km. Arrivato non mi resta altro che confermare l'epiteto della suddetta, constatando la chiusura dell'ufficio avvenuta tipo tre ore prima, e tornarmene a casa con le pive nel sacco.
Ritento l'impresa la stessa settimana, consultando da me gli orari. Arrivato ad un primo gate in cui chiedo informazioni mi dicono subito che sono nel posto sbagliato. "Eh no" - dico io - "Mi hanno mandato qui da Lyngby dicendo che lo devo fare qua!" e dentro di me speravo che Incompetenza, avendo giá fatto un errore, non ne poteva fare due! E invece... E invece mi impunto e vado a parlare con chi di dovere a Gladsaxe, il quale mi dice che i CPR li fanno solo a Copenhagen! A Lyngby li fanno perché sono speciali si vede, o perlomeno sono speciali quelli che abitano a Lyngby e il cui indirizzo non é un'opinione. Ah, ed ironia della sorte, in che ufficio mi mandano a CPH? Allo stesso in cui ero giá andato qualche tempo prima per il residence Permit! "Beh, almeno faró in fretta", penso.
Carico a pallettoni, qualche giorno dopo mi dirigo verso quella che esigo sia l'ultima meta della mia Odissea, ma mi sbaglio. Prendo il palo, ma sbaglio. Qui infatti mi dicono che l'ufficio in cui devo andare é da un'altra parte, fortunatamente é in Danimarca, ancor piú fortunatamente non é molto distante da lí.
International House é l'ultima tappa del mio cammino per farmi accettare in Danimarca. Mentre compilo i moduli che mi consegnano cerco di assaporare ogni singolo istante, ogni singolo lettera che disegno sopra le righine puntinate, ripensando a tutti i sacrifici che mi hanno portato a questo traguardo... e gli fotto pure il té che c'é nella sala d'attesa! Dopo tutto questo, mi pare il minimo.

La parola del giorno: medarbejder = impiegato.


domenica 27 settembre 2015

Piano sesto - 118

Cari... miei,

torno a farmi sentire per completare il discorso ‘campus’ parlandovi del luogo in cui trascorro la maggior parte della mia giornata, perlomeno la parte della giornata che vivo con gli occhi aperti  o quasi sempre aperti. Trattasi del Dipartimentodi Ingegneria Civile, in DTUese: 118.
L’edificio si trova al limite nord del campus, naturalmente io provengo da sud e quindi, per me, è l’edificio più distante. La cosa positiva, però, è che questa è l’unico lato negativo che sono stato capace di trovare! Se avete letto l’articolo precedente saprete già perfettamente come si presenta il Dipartimento (se non l’avete fatto... cosa ci fate qui?! Si va in ordine!), quello che non sapete sono le mille preziose risorse che si celano al suo interno. Così come si lascia il cuore di marmellata per ultimo quando si mangia una brioche, inizio dalle cose necessarie ma un po’ noiose per poi deliziarvi con le curiosità più succulente.
Il 118 è adibito esclusivamente ad uffici/laboratori per professori, dottorandi e tesisti, non vi si trovano aule per le lezioni come siamo abituati ad avere in Italia. Attraverso un passaggio sotterraneo è possibile raggiungere i laboratori retrostanti per le prove di resistenza sui materiali e le prove di stress, cioè prove che permettono ai dipendenti di scaricare la tensione sbriciolando blocchi di calcestruzzo. Il laboratorio presso cui io e il mio collega attualmente sbattiamo la testa contro la tastiera cercando di capire qualcosa di quello che leggiamo, è situato al terzo piano dell’edificio. L’aula in questione ospita cinque postzioni PC e penso sia una specie di magazzino di stoccaggio di tesisti a cui è stato dato il nome professionale di BIMLab (BIM sta per Building Information Model, semplicisticamente il tema della mia tesi). A pochi passi dal nostro “ufficio” c’è quello del nostro supervisor danese, il che ci permette da una parte di potergli rompere le scatole in qualsiasi momento, dall’altra ci sottopone ad una sorta di sorveglianza. E cosa non secondaria, i bagni. I bagni sono naturalmente ottimi, e rispondendo alla classica domanda dello studente: sì, ci si può fare la cacca!
Ed ora le due chicche che fanno del 118 un edificio interessante agli occhi di tutti:
- Altro-che-macchinette: ad ogni piano, nel numero di due per piano, ci sono delle postazioni bar in cui è possibile concedersi una pausa al sapore di caffè (caffè all’americana, non pensiate all’espresso con la schiumetta del vostro bar di fiducia), thè (dai gusti classici a quelli più ricercati) ed eccezionalmente, perchè non l’ho vista in altre postazioni del Dipartimento, cioccolata (bustine solubili scadute, ma di qualche cosa bisogna morire, no?). Mi sembra quasi scontato specificarlo, ma tutto questo è aggratis!
- Kokken: all’interno del 118 è presente una vera e propria cucina a disposizione dei dipendenti armata di microonde, piastre riscaldanti, freezer e frigoriferi. Questo ci permette di pranzare tutti i giorni in completa tranquillità (a suon di toast, nel mio caso), risparmiando qualcosa e approfittando ulteriormente della gentilezza alimentare danese. Mi spiego meglio: nella sala da pranzo sono quotidianamente presenti delle ceste di frutta a cui è possibile attingere “liberamente”. Metto l’avverbio tra virgolette perchè si può attingere sì, ma nei primi giorni era presente un cartello che specificava come a ciascuno spettassero solo tre frutti alla settimana o qualcosa del genere. Che dire, ora quel cartello non c’è più...
E poi ogni tanto c’è qualche bella sorpresa. Ad esempio i rimasugli del buffet di un meeting organizzato dal Dipartimento, che ci spettano di diritto, o delle fette di torta per festeggiare il weekend in arrivo, cose di questo genere. Inoltre, secondo me, siamo stati presi in simpatia da un inserviente, tale Claudio (non fatevi ingannare dal nome, non è italiano e nemmeno danese), che ha evidentemente capito che mangiare non ci dispiace e allora quando può ci passa qualche dolcetto.
Nonostante questo post possa tradire il contrario, in realtà vi assicuro che sto cercando di fare il possibile per non dare materiale ai classici luoghi comuni sugli italiani che si scagliano sulla gratuità come uccelli rapaci. Per inciso penso che, mai come in questo caso, luogo comune sia tanto comune: mi è già capitato di vedere autoctoni imbracciare importanti quantitativi di frutta. Ancora una volta, tutto il mondo è paese.

giovedì 17 settembre 2015

Piano quinto - DTUcampus

Cari ‘voi-che-ancora-non-vi-siete-stancati-di-leggermi’,

oggi vi parlo dell’Università, o meglio, dell’Università che frequento, dell’Università che frequento qui, in Danimarca. Come ho già avuto modo di dirvi si tratta della DTU (Danmarks Tekniske Universitet - http://www.dtu.dk/), una sorta di politecnico, per dirla all’italiana.
Prima di tutto, dove si trova? Spesso sono il primo a dire: “sono a fare la tesi a Copenhagen!”, ma in realtà la sede dell’Università è a Lyngby, una cittadina di 11500 abitanti ad una decina di km a nord della capitale - peraltro il campus dell’Università non si trova nemmeno nel centro di Lyngby, ma un pochino più a nord.
Nel parlare vi ho già dato un’informazione in più: il campus. Infatti, a differenza di come siamo abituati in Italia (salvo rare eccezioni, secondo le scarne fonti che il mio cervello mi procura), qui l’Università è interamente concentrata in unica zona, a creare una sorta di cittadella popolata da aspiranti ingegneri di tutte le specie. Sì, esatto, probabilmente non ci organizzeranno mai una Settimana della Moda, ma vi assicuro che l’ambiente che si respira ti fa veramente pensare che qui si possa studiare con gusto. Non prendetemi per pazzo... se vi dicessi che in biblioteca si può giocare alla playstation? (‘azz, mi son giocato subito il jolly!)
Il campus è strutturato in quattro quadranti che si articolano lungo un viale centrale nord-sud. I quattro quadranti ospitano le sedi dei vari dipartimenti raggruppati per ambito, gli edifici che ospitano le aule, mense e alcuni dormitori (i dormitori dei fortunelli che possono andare a lezione a piedi). Dal punto di vista architettonico, credo che ai danesi credo piaccia parecchio standardizzare, dal momento che praticamente tutti gli edifici del campus sono formalmente uguali: mattoni gialli a vista e finestre con telai in legno verniciati di nero ed il gioco è fatto! Diciamo quindi che se non sei un frequentatore abituale fatichi a trovare dei grandi riferimenti nelle viuzze che si snodano nel campus, devi necessariamente fare riferimento ai numeri 1**, 2**, 3**, 4** (il primo numero identifica il quadrante) appiccicati come numeri civici ad ogni edificio.
L’anima del campus è l’edificio 101, una sorta di quartier generale in cui potete trovare più o meno tutto quello di cui potreste avere bisogno. Se avete bisogno del numero di Miss Danimarca probabilmente vi deluderanno, ma per quanto riguarda le necessità universitarie - Miss Danimarca difficilmente sarà la professoressa che tiene il vostro corso di Cemento Armato a cui dovete assolutamente scrivere per questioni burocratiche legate al vostro Erasmus – è molto probabile che troverete soddisfazione. Biblioteca (con possibilità di stampare gratis in b/n + zona relax con divani e cuscini giganti + televisori con presa HDMI per attaccare PC, ecc. + la già citata playstation (e xbox) + altri bei servizi), mensa, DTUshop, palestra, segreteria, bar degli studenti, meeting center sono più o meno tutte le cose che ci potete trovare. Nei giorni di festa, e non intendo Natale, Pasqua e così via, ma i giorni in cui si fa festa, potete anche trovare studenti danesi che mangiano e bevono birra, e bevono birra... e bevono birra, seduti sul pavimento. Sì perchè qui mica l’Università chiude ad una certa ora, se hai la tessera, o il badge se vogliamo essere moderni, puoi entrare negli edifici anche di notte. Ipoteticamente io e il mio collega potremmo trascorrere la notte a lavorare (o anche no) nel nostro ufficio senza nessun problema. Stupido io che mi sono  cercato un alloggio!
Ma uno dei servizi più fighi che secondo me offre l’Università è il DTU Skylab (http://www.skylab.dtu.dk/), un edificio-laboratorio in cui ogni studente può cercare di dar vita alla sua idea che cambierà il mondo! Chi vuole volare basso può semplicemente sfruttare l’occasione per fare una stampa 3D di qualsiasi cosa voglia. Sappiate però che l’ambiente mi sembra abbastanza frequentato e quindi quello che stampate verrà sicuramente visto da altri, per cui abbandonate i pensieri maliziosi che avete sicuramente fatto. Altra figata dello Skylab (scusate l’abuso di un termine un po’ adolescenziale, ma mai come in questo caso è appropriato) è che gli uffici in cui ci si può rinchiudere a spremere le meningi hanno pareti-lavagna, muri su cui è possibile appuntare tutti ciò che vi passa per la mente per poi eventualmente cancellarlo con un colpo d spugna.
Avrete capito che l’impressione che ho avuto della DTU è più che positiva, diciamo pure un altro mondo rispetto a quanto siamo abituati. Lo studente può riempire la propria vita di DTU studiando, lavorando, giocando, cantando, ballando, mangiando e bevendo in maniera, secondo me, molto più efficace di quello che io ho sperimentato in Italia. Anche se credo non mi abituerò mai a vedere studenti che giocano a svuotare bottiglie di birra fra l’ufficiorelazioni internazionali e  la sala conferenze, e forse è un bene.

La parola del giorno: Navn = nome - un giorno magari vi parlerò della burocrazia che mi ha
fatto imparare alcune “parole da form”, vi anticipo solo che tutto il mondo è paese.

venerdì 11 settembre 2015

Curiosità - 3


Dopo avervi parlato diffusamente del collegio in cui vivo, mi pare doveroso mostrarvene una parte.

[quello a sinistra è il corridoio del Pedersen, piano primo,
quello a destra uno ben più famoso - http://www.mymovies.it/film/1980/shining/]

Con questo, non voglio assolutamente dire che il POP mi incute la stessa angoscia del film. Ma una sera, finito di cenare, tardi, esco dalla cucina, e ho questo flash...
Beh, ho aperto e chiuso la porta della mia stanza in 0,2'' e buonanotte, ci si vede domani!